Giuseppe Garibaldi: l’uomo, il comandante l’eroe
Era destinato alla vita di mare, ed effettivamente si iscrisse al registro dei marinai nel 1821, ma è diventato uno dei più celebri personaggi della storia italiana.
Anche se Garibaldi non ricevette una formazione militare in senso stretto, le sue imprese sui campi di battaglia, nel ruolo di comandante, gli valsero la fama e il riconoscimento di compagni e avversari. Avvicinatosi alle idee di Mazzini, nel 1834 già si faceva notare come sovversivo, organizzando un ammutinamento, fallito, della flotta sarda su cui era imbarcato. Riparò allora in Sudamerica, e qui combatté in Uruguay, Argentina e Brasile.
Qui conobbe Ana Maria – la celebre Anita –, la sfortunata compagna che, distrutta dalla fatica e al quinto mese di gravidanza, non riuscì a sopravvivere alla fuga successiva al crollo della Repubblica romana, nel 1849.
La fama militare di Giuseppe Garibaldi, però, raggiunse l’apice grazie alla spedizione dei Mille, l’impresa quasi epica di un migliaio di volontari che, non privi di aiuti, riuscirono a rovesciare uno dei più potenti Stati del Mediterraneo, il Regno delle Due Sicilie.
Consegnato il Sud a Vittorio Emanuele di Savoia, Garibaldi schierò le sue truppe – che, dai Mille iniziali, avevano ormai raggiunto le decine di migliaia di unità (circa 50.000) – a Caserta, il 6 novembre del 1860, in attesa che il re le passasse in rassegna. Vittorio Emanuele II non venne: Garibaldi, il mazziniano che aveva accettato di servire la causa italiana pur tradendo l’ideale repubblicano, ne fu enormemente deluso. Si ritirò a Caprera, ma le sue battaglie non erano ancora finite.
Come molti patrioti del tempo (e per di più animato da un radicato anticlericalismo) Garibaldi riteneva che Roma dovesse essere la necessaria capitale del Regno d’Italia. Tentò quindi, nuovamente, la carta dell’impresa volontaria. Questa volta, a sbarrargli la strada fu l’esercito di quell’Italia che lui stesso aveva contribuito a fondare: ferito sull’Aspromonte, avrebbe ancora vestito i panni del comandante militare in altre occasioni, fallendo peraltro, nel 1867, una seconda volta, la presa di Roma con un colpo di mano. Si ritirò, allora, definitivamente nella “sua” Caprera, dove morì il 2 giugno del 1882.